Nel 1925 Martin Buber, insieme all’amico e collaboratore Franz Rosenzweig, decide di iniziare un lavoro di traduzione della Bibbia ebraica in tedesco. Buber lavorerà alla Verdeutschung per l’intera durata della sua vita, proseguendo il lavoro da solo dopo la morte di Rosenzweig; continuerà a tradurre anche dopo aver abbandonato la Germania per trasferirsi a Gerusalemme, in seguito alla presa del potere da parte del nazionalsocialismo. Considerando la durata del lavoro e il fatto che Buber abbia continuato a dedicarsi ad esso fino alla propria morte, viene spontaneo chiedersi il perché di tutto questo. Se si aggiunge anche una riflessione sugli anni nei quali la traduzione viene realizzata, la domanda appare sempre più interessante. Il presente volume intende proporre alcune possibili risposte a questo interrogativo attraverso un percorso che parte dalla descrizione del lavoro di traduzione intrapreso da Buber e Rosenzweig, si sofferma sul rapporto tra la Verdeutschung e la posizione di Nietzsche, secondo la quale la “morte di Dio” sarebbe un dato ormai certo e si conclude con una riflessione sulla possibilità di considerare l’opera di traduzione della Bibbia ebraica in tedesco come una forma di “resistenza spirituale” al nazionalsocialismo e, in generale, all’homo contra humanus.
Ilaria Bertone ha conseguito la laurea in Filosofia e il titolo di Dottore di ricerca in Ebraistica presso l’Università di Torino. Ha pubblicato diversi articoli sul tema della traduzione e dell’interpretazione della Bibbia nell’ambito dell’ebraismo tedesco, con particolare attenzione al lavoro di Moses Mendelssohn, Martin Buber e Franz Rosenzweig. Tra i suoi studi sulla filosofia di Buber si segnala: Che cos’è la colpa? In M. Buber, Colpa e sensi di colpa, Apogeo, Milano 2008 .
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